Come molti avranno avuto modo di ascoltare, la giornata del 10 gennaio è stato un momento speciale per la RAI, e per il mondo della radio in generale. Si sono celebrati infatti i cinquant’anni dalla prima messa in onda della celebre trasmissione Tutto il calcio minuto per minuto. Molto si è detto in questi giorni su questa trasmissione che rappresenta una vera e propria icona culturale italiana. Erano ancora la metà degli anni novanta quando la TV ha cominciato ad avere accesso alla trasmissione delle partite in diretta, un evento che ha rivoluzionato il modo di intendere, e letteralmente “vivere”, il calcio. Fino a quel momento, la responsabilità di restituire agli italiani le emozioni di questo sport a volte anche troppo rappresentativo del nostro paese era nelle mani di una trasmissione che ha fatto della semplicità e dell’efficacia una forza irresistibile alle intemperie del tempo. Si è detto molto ma non abbastanza, appunto, della capacità di un prodotto radiofonico di resistere al tempo com’è riuscito a questo piccolo programma, che nella sua apparente banalità, ha fatto scuola e vanta numerosissime imitazioni, non solo radiofoniche: per esempio il format di Quelli che il calcio, anch’esso a suo modo geniale, eppure non altrettanto efficace. Il paragone può aiutare a comprendere la potenza comunicativa di “Tutto il calcio”. Possiamo infatti dire che, mentre Quelli che il calcio utilizza il metodo dell’inviato sul campo per un limite imposto alla possibilità di trasmettere in diretta le partite, Tutto il calcio, invece, utilizza gli inviati per uno scopo che è diametralmente opposto, ovvero mette in scena ciò che in radio è teoricamente inscenabile (perché in radio non si può vedere). Per questa ragione, mentre l’inviato televisivo è una figura che va perdendo di spessore col passare del tempo, e la trasmissione è costretta a evolversi trovando altri tipi di escamotage per mantenere alto l’indice di attenzione (e va detto che Quelli che il calcio non è più la trasmissione di successo di un tempo, e potremmo anche aggiungere che molto del suo successo attuale è dato dal valore in qualche modo istituzionale che è andato a guadagnarsi di stagione in stagione); per quanto riguarda Tutto il calcio, l’inviato incarna il senso della trasmissione. Senza la telecronaca, la trasmissione non ha più senso di esistere, perché la partita non si può più vedere. Ed è proprio in questa paradossale scontatezza che risiede lo straordinario successo che ha portato il programma a sopravvivere per ben cinquanta anni. Cinquanta anni, per una trasmissione mediatica, è un’enormità, addirittura forse un’assurdità. Nell’arco di cinquant’anni si sviluppa l’esistenza di una stessa emittente, ma anche di un intero modo di fare intrattenimento: Carosello, Rischiatutto, Quark, Alto Gradimento… In cinquant’anni si assiste alla nascita e alla morte di infinità di prodotti.
Per quanto riguarda la cultura italiana, Tutto il calcio è nato in un periodo in cui l’Italia unificata non conosceva ancora se stessa: questa trasmissione, con le sue dirette da un capo e l’altro della penisola, ne collegava le pendici restituendo un’immagine delle sue reali dimensioni, non solo geograficamente, ma anche a livello sociale. Come testimonia l’ex difensore della Roma Giacomo Losi in un recente articolo sul sito del quotidiano Il Messaggero:
Per un calciatore, il massimo della pubblicità era quando vedeva una foto pubblicata sui quotidiani o su Il Calcio Illustrato. Ma da quel giorno, da quel 10 gennaio 1960, ci trovammo i giornalisti negli spogliatoi con la “cassettina” e il microfono. Mai viste prima di allora. Poi intervistavano l’uomo della partita e per noi era una sorta di premio ambito.
Prima di allora questa realtà, così importante e quotidiana a livello locale, era sconosciuta a livello nazionale. Poi è arrivato Tutto il calcio minuto per minuto e l’Italia ha cominciato a popolarsi di storie di vita che, in qualche modo nemmeno troppo misterioso, l’hanno influenzata e forgiata. Da quel lontanissimo giorno del 10 gennaio 1960 tutto il resto è stato storia, e sappiamo bene tutti in quale parossismo è andata a cacciarsi la realtà del calcio dei nostri giorni: le storie sono andate moltiplicandosi, e di conseguenza anche i media a disposizione per raccontarle, fino a raggiungere la saturazione dei messaggi, provocando tutta la confusione e il clamore in cui siamo sommersi oggigiorno. Come si colloca Tutto il calcio minuto per minuto in questa situazione? I segni dell’inevitabile cambiamento si possono trovare nel proliferare delle trasmissioni satellite che gravitano attorno alla trasmissione: Zona Cesarini, La moviola…guardatela alla radio!, Diretta stadio Per citare degli esempi, ma anche i corrispettivi per altri sport come Pallavolando sono chiare manifestazioni del dilatarsi degli spazi. La domenica pomeriggio è letteralmente invasa dal calcio, e non è così esagerato affermare che è possibile trascorrere l’intera giornata esclusivamente ascoltando trasmissioni dedicate alla disciplina. Il ruolo stesso dell’inviato è diventato più poliedrico e complesso: gli è richiesta una testimonianza sempre più fedele e dettagliata della giornata sportiva, e le capacità linguistiche sono aumentate sensibilmente, dal punto di vista della densità degli argomenti trattati nello spazio di un intervento. Forse troppo. A volte sarebbe bello pensare che la presenza di tanti media a occuparsi dell’argomento possa essere una ragione per sgravare il ruolo dell’inviato di tanti compiti, per concentrarsi esclusivamente sul racconto della partita. Ma l’inevitabile mutare dei tempi ha portato il telecronista ad assomigliare sempre di più a un intrattenitore, che fa proprio il linguaggio del clamore e dell’evento sensazionale per descrivere un evento.
In questo contesto, il ruolo di Tutto il calcio è radicalmente cambiato: se prima esso rappresentava infatti il momento clou della giornata, attorno al quale si concentrava l’attenzione dell’ascoltatore, con la sua capacità di creare sospensione e brivido (molte persone ricorderanno la fibrillazione con cui si ascoltavano le partite con la schedina del totocalcio in mano, in attesa di scoprire il risultato finale); adesso invece si può constatare come il programma rappresenti la piattaforma di un sistema assai più complicato, il quale attrae su di se tutto l’interesse. Certo, è ancora interessante sapere il risultato di una partita e il modo in cui si è raggiunto, ma questo a favore di un dibattito che avviene successivamente, durante altre trasmissioni per mezzo di format differenti. L’ascolto di Tutto il calcio minuto per minuto, per lo più, è diventato un modo per restare in contatto con un passato forse più emozionante e dotato di un significato più denso di quanto offrano le trasmissioni attuali.
Per concludere, va detto che questo non significa che la trasmissione rappresenti un mito in declino. Certo, l’utenza è cambiata e la sua importanza decisamente ridimensionata, ma per le sue qualità intrinseche di sobrietà e sintesi rappresentano ancora un modello eccellente di fare radio, una radio che si concentra sui fatti e sulla concretezza dei propri intenti, e che, a cinquant’anni di distanza, ha ancora molto da insegnare a chi opera nel settore. Sembra quasi che Tutto il calcio minuto per minuto nasconda un segreto, che poi è la formula della vita eterna. Ma forse, più correttamente, andrebbe detto che il suo più grande segreto è non avere nessun segreto: non c’è nulla di più e nulla di meno di ciò che la trasmissione racconta, ed è in questo che è contenuta tutta la sua grandezza e irripetibilità.
Tanti auguri, e cento di questi anni ancora.
Francesco Rigoni
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giovedì 14 gennaio 2010
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