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mercoledì 26 maggio 2010

Un passo nella storia - Episodio 25

I più giovani probabilmente non si ricordano Adone Carapezzi, voce di Tutto il calcio minuto per minuto negli anni Sessanta, ma anche conduttore della trasmissione nelle poche occasioni in cui mancò Roberto Bortoluzzi. Per la radio ha seguito anche l'automobilismo e, soprattutto, il ciclismo. Nei primi anni Settanta ha condotto anche l'edizione estiva della Domenica Sportiva in tv. Vi propongo due ricordi: il primo di Marco Pastonesi, bravissimo giornalista della Gazzetta dello Sport, il secondo di Aldo Grasso, editorialista del Corriere della Sera. Con questa puntata la nostra rubrica va in vacanza, tornerà con altre curiosità pescate negli archivi con l'inizio della nuova stagione. A tutti i lettori e collaboratori del blog l'augurio di una serena e felice estate.
Roberto Pelucchi


Addio Carapezzi
la voce del Giro
Il primo amore di Adone è stato il ciclismo. L'aveva contagiato il padre, Anteo, che cominciò come corridore e finì come direttore del Vigorelli. Adone se lo godeva, il ciclismo, dalla Sanremo al Lombardia, anche se il meglio era il Giro d'Italia. Sulla moto, in tuta azzurra, «da metalmeccanico» come orgogliosamente rinfacciava ai colleghi della tv, ricorda Alfredo Provenzali, amico-collega in tuta azzurra. Il secondo amore di Adone è stato il calcio. Inter e Milan soprattutto, anche per questioni di competenza territoriale, lui milanese di via Procaccini e poi della zona Fiera, da una parte all'altra del Vigorelli, il suo centro gravitazionale permanente. «Una voce piena, calda, pacata, quasi più concentrata sui radio-telespettatori che non sull'avvenimento», spiega Maurizio Mosca, collega in sala stampa. Cavalli e scommesse Il terzo amore di Adone è stato l'ippica. Prima un salto a San Siro, «nel senso dei cavalli», poi un salto nell'altra San Siro, «nel senso degli asini», i calciatori, come scherzava lui. In Rai divideva l'ufficio con Beppe Viola (essere ammessi in quell'ufficio quando parlavano di scommesse, cioè sempre, era un raro privilegio), un altro che non amava prendere le cose troppo sul serio, tranne che in sala corse. «Era arguto, ironico, graffiante. Aveva un suo particolare senso dell'umorismo, tanto che a volte non si capiva se scherzasse o fosse serio», sostiene Bruno Pizzul, collega in Rai. Lo conferma la moglie di Adone, Marisa: «È mancato il primo aprile e la tomba ha il numero 666, quello del diavolo. Insomma, mi ha preso in giro anche da morto».
Marco Pastonesi

Addio a Carapezzi
la voce del ciclismo
Il primo aprile, alla veneranda età di 89 anni, ci ha lasciati Adone Carapezzi. I più giovani fra i lettori credo ignorino chi sia. Ma i meno giovani e soprattutto gli appassionati di ciclismo non possono aver dimenticato questo inconfondibile nome. Per tanti anni, alla radio, il ciclismo è stato raccontato da Carapezzi: con voce chiara e inconfondibile, con un tono un po' retorico (come usava allora), con assoluta professionalità. Adone aveva il ciclismo nel sangue perché suo padre, che di nome faceva Anteo, era il direttore del Vigorelli, la magica pista di Milano frequentata con passione da un popolo di pistard, di suiveur, di soigneur, di stayer, di seigiornisti... Dopo aver seguito numerosi Giri d'Italia per la radio, Adone esordisce in video in un mitico Giro, quello di Italia ' 61, disegnato per celebrare il centenario dell'Unità d'Italia. Al suo fianco c'erano Paolo Rosi, Adriano De Zan e Giuseppe Albertini. Nel ricordare i suoi primi anni da radiocronista, Carapezzi insisteva su un episodio: «Feci il concorso nel 1946. Iniziai come collaboratore, ma venni assunto il 1° ottobre 1955. Ero un cane sciolto». L'Ordine dei giornalisti non gli concedeva il praticantato «per mancanza della quota» (un praticante ogni 10 professionisti). Altri tempi, altri cronisti. È probabile che il ciclismo (come qualunque altro sport di massa) crei anche i suoi cantori; il che ci fa ritenere che di questi tempi la bicicletta non se la passi tanto bene. Dopo più di tre decenni alla Rai, nel 1982 Carapezzi passa a TeleMontecarlo, dove chiude la carriera. Testimone di cinquant'anni che hanno segnato la metamorfosi dello sport, raccontava «Oggi i ciclisti e i calciatori parlano come laureati, ai miei tempi c'era il dialetto. Un giorno chiesi a Nordhal di raccontarmi un suo gol: "Semplice. Preso palla, guardato porta, tirato, fatto gol"».
Aldo Grasso

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