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mercoledì 9 gennaio 2013

Un passo nella storia - Episodio 83

di Roberto Pelucchi

Il primo gennaio 1933 a Bologna Nicolò Carosio effettuò la sua prima radiocronaca per l'Eiar: Italia-Germania. A distanza di 80 anni da quell'evento, ecco un articolo uscito sulla Stampa il 14 giugno 1981 a firma Luciano Curino.

Tremila partite di calcio ha trasmesso Nicolò Carosio, e non ha finito. Si inizierà martedì Mundialito Club, con Inter, Milan, Penarol di Montevideo. Santos di San Paulo e Feyenoord di Rotterdam: le partite saranno trasmesse da Multiradio (Lombardia, parte dell'Emilia e del Veneto, Canton Ticino) e uno dei radiocronisti sarà appunto Carosio. «Sono nato con la passione di questo mestiere e morirò cosi», dice. Va verso i 75 anni e il tempo lo ha straordinariamente risparmiato: l'ntusiasmo è giovanile, anche la bella voce, calda e sicura, è la stessa di quando la domenica pomeriggio invadeva le case d'Italia. «Ho saltato una sola domenica in quarant'anni, quando è morta mia madre». Sua è stata l'idea di fare la radiocronaca di una partita. «In Inghilterra avevo visto Chapman. allenatore dell'Arsenal. che di tanto in tanto, durante l'incontro, commentava alla radio. Ho pensato: perché non raccontare tutta la partita con immediatezza?». Le prime prove nel '32 a Torino, ad incontri juventini e granata. Poi la proposta all'Eiar (la Rai di allora) e l'esame: «Dovetti fare la radiocronaca di una partita inventata sul momento». La prima radiocronaca a Bologna, il Capodanno del 1933, per Italia-Germania. «Infagottato nel cappotto e nella sciarpa, fasciato di giornali per proteggermi alla meglio dal gelo. Tremante per il freddo ma di più per l'emozione. Ero, come si dice, "in maionese", con una gran confusione e un panico folle. Solo con un microfono in mano, pensai che dovevo parlare per novanta minuti a un pubblico invisibile e lontano che "vedeva" la partita attraverso e mie parole. Pensai di scappare. Ma fu soltanto il terrore di due o tre minuti. La sera, tornando in treno, sentii un viaggiatore che raccontava agli altri, strabiliati, la partita ascoltata alla radio». E' incominciata così e presto Carosio è diventato la «voce, più popolare al pubblico sportivo. «Gentili ascoltatori buongiorno. Qui è Nicolò Carosio che vi parla e vi saluta da...». E nominava stadi che oggi hanno cambiato nome o che non esistono più. Non c'erano cabine radiofoniche e Carosio trasmetteva dal bordo del campo, con l'ombrello quando pioveva. Ci metteva calore, passione, partecipava al gioco. Intimava: «Alzarsi e camminare» oppure: «Avanti e pedalare». Si arrabbiava: «Calcio da salotto!». Soffriva: «Ahi, ahi, si mette male». Urlava: «Gol, no, quasi gol!». Una domenica d'inverno chiuse la cronaca del primo tempo dicendo: «E adesso, col freddo che c'è, andiamo a prenderci un bel whiskaccio». Gli si domanda se ha mai tifato per qualche squadra, e se almeno ha avuto qualche preferenza, e risponde che tutte le squadre erano tutte uguali, per lui. Davvero è sempre stato assolutamente imparziale, in campionato. Non si può dire la stessa cosa per gli incontri internazionali. Se segnavano «loro», scandiva come due gelidi soffi tra i denti le sillabe «rete», ma gridava a piena gola se il punto era azzurro. Nell'immediato dopoguerra la nazionale andò a Vienna e perse 5 al. Più il bottino degli austriaci cresceva, più la voce di Carosio si spegneva «Io non ho mai avuto ipiacere di poter raccontare agli italiani una nostra vittoria sugli inglesi. La fortuna e l'onore sono toccati a Martellini. Ecco la mia grande rabbia», si è confidato una volta Carosio. Ma forse il ricordo più amaro è Germania-Italia del 1940. «Si capiva che anche per il calcio era finita. La partita si giocò allo stadio di Berlino sotto un cielo plumbeo, con la contraerea puntata e con l'obbligo di non dare alcuna informazione sulle condizioni meteorologiche»- Di Carosio si è detto che «é troppo palpitante», che la sua «è una cronaca di tipo passionale; arroventata dall'entusiasmo o soffocata dalla delusione». Carosio dice: «Credo che il resocontista, radiofonico o televisivo non importa, debba vivere l'avvenimento che sta commentando. Se non si appassiona, potrà offrire al pubblico soltanto delle fredde didascalie».

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