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sabato 1 marzo 2014

Calcio, non solo fenomeno sportivo

di Massimo Girgenti per #tuttoilcalcioblog
calciostatistiche.typepad.com

Raccontare il calcio oltre la sua dimensione agonistica, per analizzare quanto questo sport così popolare si permei nel tessuto sociale di un paese.
E’ lo scopo che si prefigge Luigi Pasquariello, studioso di sport (di calcio in primis) col suo libro “RE-PLAY”, sottotitolo “Il calcio da arma di distrazione di massa a strumento di lotta contro il potere” (Tullio Pironti Editore-pagg. 192-brossura- € 10). Attraverso concetti chiari ed accessibili serviti da linguaggio piacevolmente scorrevole, l’autore ci conduce nei variegati aspetti del rapporto del calcio con la società e la politica. L’indagine abbraccia principalmente il periodo del secolo scorso. Al termine di un’interessante lettura possiamo senz’altro certificare, senza ombra di smentita, che il fine è stato raggiunto con successo. Dopo la fase embrionale da collocarsi in Cina quattro secoli A. C., il calcio si espande nell’antica Grecia (in particolare a Sparta) dove due secoli dopo sarà conosciuto dagli occupanti Romani che lo diffonderanno prima in Gallia e poi in Britannia. Avversato per secoli dai regnanti di queste terre che volevano limitarne la diffusione tra i ceti sociali inferiori, venne reso accessibile solo dopo il 1845 quando ne erano ormai irrimediabilmente contagiati i giovani dell’alta borghesia che lo praticavano negli esclusivi college in cui studiavano. Risale infatti al 1848 il primo regolamento calcistico messo a punto dai delegati dei vari college. E’ invece del 1863 la costituzione di un organismo super partes che vigilasse sulle regole e coordinasse l’attività agonistica dei vari club. Nacque così la Football Association, la prima federazione calcistica del mondo, che nel 1872 organizzerà la prima competizione a carattere nazionale (la F. A. Cup, cioè la Coppa d’Inghilterra, il torneo sportivo più antico). Nell’Europa del XX° secolo tra il calcio e i regimi dittatoriali dell’epoca (fascismo, nazismo,comunismo, franchismo) i rapporti sono variegati e dagli esiti diversi ed il libro ne rende ampiamente e diffusamente conto attraverso situazioni a volte sconosciute e spesso sorprendenti. Nel secolo trascorso è di rilievo anche il ruolo rivestito dal calcio nella questione triestina del dopoguerra e nel conflitto balcanico dell’ultimo decennio. Un capitolo importante del volume è poi dedicato alla violenza: vengono analizzati i fenomeni degli ultrà e la genesi sociale del teppismo calcistico. Nell’ultima parte si discetta della simbologia calcistica (stemmi societari, coreografie da stadio, colori delle maglie) e della forte connotazione politica che essa riveste, del tifo e della cultura calcistica nell’era della globalizzazione in Italia e nel mondo. Il libro si conclude con la descrizione delle vicende assurde occorse a due calciatori sovietici, le cui promettenti carriere furono strocate dalla repressione del regime stalinista. Nell’epilogo della ricerca del connubio tra calcio e politica l’autore utilizza le parole di uno dei più grandi giornalisti sportivi (Gianni Brera): “ il calcio è straordinario proprio perché non è mai fatto solo di pedate. Chi ne delira va compreso…..”.

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