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lunedì 3 giugno 2019

Radio Corsa - Il punto sul Giro 2019 (Chiusura e Pagelle)

#tuttoilcalcioblog



di Stefano Stradotto

Si è dunque chiusa la 102esima edizione del Giro d'Italia, con la kermesse conclusiva nello splendido scenario dell'Arena di Verona. Niente da fare per Vincenzo Nibali che ha dovuto rinunciare al sogno dl tris rosa, inchinandosi all'ecuadoregno Carapaz. Il tappone dolomitico di sabato ha visto lo Squalo dello Stretto provare in tutti i modi ad assaltare per l'ultima volta la rosa, ma i suoi attacchi hanno fruttato solo nell'ottica di distanziare ulteriormente lo sloveno Roglic, alla vigilia annunciato rivale diretto e che dunque Nibali avrebbe nettamente battuto; purtroppo tra i due litiganti il terzo gode, e dunque a sorpresa ecco l'inserimento di Carapaz, che anche sulle ultime salite ha tenuto brillantemente botta assieme al preziosissimo compagno Landa, il quale ha a sua volta assaporato per poche ore il podio salvo perderlo a favore di Roglic nella crono conclusiva.
Come ormai nostra tradizione, ecco ora a sintetico consuntivo finale della corsa rosa alcuni voti ai protagonisti di questa edizione, con coda legata anche a quanto più ci sta a cuore (tanto più in queste ore), vale a dire l'ambito radiofonico.

RICHARD CARAPAZ voto 9
Un Paese in delirio per il suo eroe: L'Ecuador intero celebra con sorpresa il suo primo rappresentante in grado di centrare l'impresa in una delle corse simbolo del ciclismo mondiale. Lo scalatore sudamericano ha vissuto le tre settimane perfette. Arrivato al Giro senz'altro da atteso protagonista, dopo il quarto posto dello scorso anno, ma al tempo stesso di certo non con i gradi di favorito, ha piazzato la prima stoccata con una grande vittoria nel finale della quarta tappa a Frascati. Scivolato nonostante questo indietro in classifica a causa delle cronometro, ha approfittato nelle prime tappe di salita tra Piemonte e Val d'Aosta dell'eccessivo marcamento andato in scena tra Nibali e Roglic, che non si sono preoccupati, colpevolmente, dell'attacco del piccolo scalatore ecuadoregno. Carapaz non si è fatto pregare e ha sfruttato l'occasione mettendola a frutto grazie a due azioni dirompenti, al di là dei demeriti altrui, guadagnando in classifica il margine rivelatosi ben presto incolmabile e che lo ha proiettato nella storia del ciclismo e del suo Paese.

VINCENZO NIBALI voto 8
A quasi 35 anni è ancora il faro del movimento ciclistico italiano. Un campione di altri tempi, che non ha più nulla da dimostrare dall'alto del suo palmares equiparabile ai grandi dei tempi che furono. Reduce dalla terribile caduta dello scorso anno al Tour, che potenzialmente per la sua dinamica poteva persino costargli una paralisi, ha combattuto tutto l'inverno con i problemi di postura e dolori susseguenti l'operazione; nonostante ciò è tornato da brillante protagonista a giocarsi fino in fondo la vittoria al Giro. I suoi attacchi sono stati ancora una volta quelli più coraggiosi e spettacolari, ottime anche le prestazioni a cronometro, e tutto considerato possiamo definirlo come l'uomo dimostratosi nel complesso più forte di tutto il Giro, vincitore compreso. Un unico, grande e alla fine decisivo errore: reputare Roglic, dopo la caduta e il ritiro di Dumoulin a Frascati, l'unico avversario, lo ha portato a marcare in maniera eccessiva lo sloveno non considerando inizialmente gli attacchi di Carapaz; mentre l'ecuadoregno macinava la strada verso Courmayeur, Nibali e Roglic erano praticamente fermi a guardarsi, in un reciproco "tiro io, no tiri tu" che ha permesso all'avversario di guadagnare il margine decisivo. In due giorni Carapaz, sfruttando questa insolita situazione tattica, ha infatti guadagnato circa 3'20"; anche ipotizzando che staccasse comunque i rivali con i suoi scatti, in una situazione normale di corsa non avrebbe probabilmente guadagnato che un minuto circa. Considerando che Nibali ha chiuso attardato in classifica generale a Verona di appena 1'05", si capisce bene come quello sia il peccato originale di questa intera edizione.
Nibali è comunque nella storia: con il sesto podio consecutivo negli ultimi sei Giri disputati è il primo in 110 anni a centrare questo traguardo.

PRIMOZ ROGLIC voto 7
Dominatore di tutte le corse disputate nella prima parte di stagione, arriva al Giro lanciatissimo e subito conferma le ipotesi della vigilia prendendosi la prima maglia rosa nella crono di Bologna; maglia rosa che poi, volontariamente per non sobbarcare la squadra di troppe responsabilità, perderà lasciando andare via la fuga neanche una settimana dopo, convinto di riconquistarla. Ed invece non la vedrà più, perchè dopo aver confermato il suo talento a cronometro anche nella frazione di San Marino, la sua condizione andrà precipitando di giorno in giorno. Nibali lo stacca sul Mortirolo e nell'ultima tappa di montagna, ed anche nella crono finale, sul suo terreno preferito, pagherà dal siciliano, chiudendo a dir poco in affanno. Nota negativa, inoltre, per la gestione di corsa a Courmayeur, copia incolla di quanto scritto per Nibali.
Se vorrà vincere in futuro una corsa a tappe dovrà calibrare meglio la preparazione fisica e prendersi più responsabilità in gruppo.

MIKEL LANDA voto 8
La sensazione è che fosse il più forte in salita, anche rispetto al compagno di squadra Carapaz. Questo è però uno scenario ricorrente nella carriera dello scalatore basco, che spesso si è trovato in squadra con quello che strada facendo, suo malgrado, si è dimostrato uno dei protagonisti della corsa e dunque automaticamente suo capitano. Le dinamiche del Giro lo hanno dunque costretto a mordere il freno e a dimostrare lealtà alla nuova maglia rosa; compito assolto con encomiabile impegno e con efficacia da applausi, se Carapaz si è difeso dagli attacchi finali il merito va anche e soprattutto a Landa. Assaporato il podio dopo la tappa di sabato, lo perde per soli 8" nella crono finale, nonostante una strenua difesa. Sulla sua classifica pesano, semmai, le due prime cronometro, nelle quali ha perso troppo rispetto al previsto.
Insomma, nonostante la classe e la forma, per la gloria ripassare, ancora una volta.

MIGUEL ANGEL LOPEZ voto 6.5
Reduce dal podio dello scorso anno, lo scalatore colombiano puntava almeno a confermarsi sul gradino più basso, con ambizioni in crescendo. E' stato per lui invece un Giro sfortunatissimo, chiuso al settimo posto dopo cadute, incidenti meccanici, forature, fino all'episodio peggiore, sull'ultima salita del Giro, laddove uno spettatore improvvido lo manda a terra e lui reagisce prendendolo a schiaffi, salvandosi dal provvedimento della giuria perchè "la reazione è stata umana". Gli scatti con i quali ha cercato comunque di infiammare numerose salite gli fruttano, quantomeno, la riconferma della maglia bianca come miglior giovane under 25.

SIMON YATES voto 4
Molte, troppe, parole, pochi fatti, anzi zero. Alla presentazione dichiara testualmente: "fossi nei miei avversari me la farei addosso dalla paura pensando a me". Come la strada inizia a salire, però, sembra lui quello a dover correre in luoghi appartati. Non riesce mai a tenere le ruote degli avversari e ad essere competitivo. Ridimensionato

DAVIDE FORMOLO voto 4.5
Reduce dal grande secondo posto alla Liegi Bastogne Liegi, era chiamato a fare il salto di qualità in ottica classifica dei grandi Giri: manca purtroppo l'appuntamento, non reggendo il ritmo dei migliori e centrando solo una fuga ed un terzo posto. Troppo poco.

GIULIO CICCONE voto 8.5
La sorpresa italiana di questo Giro d'Italia. Irrefrenabile in salita, si prende di forza e con merito la maglia blu di miglior scalatore con continui attacchi. La ciliegina del suo Giro in crescendo arriva nell'ultima settimana, nella tappa più attesa, quella del Mortitolo, dove attacca per l'ennesima volta e diventa grande sotto il diluvio e in mezzo alla nebbia della salita più temuta, vincendo poi una tappa memorabile sul traguardo di Ponte di Legno. In salita non ha nulla da invidiare a nessuno, sotto il profilo del coraggio neppure; con un miglioramento a cronometro, tra 2-3 anni, può lottare per la classifica generale. Speranza, fondata, per il futuro dunque il 24enne abruzzese.

MASNADA, BENEDETTI, CATALDO, CIMA, CONTI voto 7.5
Accomuniamo in un'unica valutazione gli altri quattro vincitori di tappa azzurri e colui che ha indossato la maglia rosa per quasi una settimana.
Masnada al primo anno da professionista ha centrato la prima vittoria italiana in questa edizione in una fuga memorabile che ha portato il romano Valerio Conti a indossare la maglia rosa (l'ultimo italiano a riuscirci era stato Nibali tre anni fa nel Giro vinto). Entrambi sono giovani e in costante miglioramento, da tener presente anche in ottica classifica generale.
Benedetti e Cataldo hanno speso una vita o quasi da preziosissimi gregari e hanno centrato una quantomai meritata vittoria di prepotenza.
Damiano Cima è stato protagonista di quella che forse possiamo considerare la vittoria più emozionante del Giro 102: nell'ultima tappa di pianura la fuga sembrava senza speranza, visto che si sarebbe trattata dell'ultima occasione per i velocisti, ed il gruppo negli ultimi chilometri rinviene fortissimo sui tre fuggitivi, che appaiono come vittime sacrificali. Cima, in fuga assieme a Maestri e al tedesco Denz, invece resiste contro ogni pronostico, sprintando per centinaia di metri sul rettilineo finale con il fiato sul collo del gruppone e vincendo a braccia alzate proprio mentre i velocisti lo affiancano sulla linea di arrivo.
In generale il voto è anche quello all'Italia del Giro, in netta crescita dopo anni di stenti e con protagonisti quasi sempre giovani di talento che saranno chiamati a colmare anche il vuoto alle spalle di Nibali in ottica classifica generale.

PASCAL ACKERMANN voto 9
Il miglior velocista del Giro centra due tappe ne sfiora altre e soprattutto porta a Verona la sua maglia ciclamino nonostante una rovinosa caduta che ne condiziona con dolori ed escoriazioni tutto il proseguo del Giro. Uno dei tanti eroi del ciclismo.

ARNAUD DEMARE voto 5.5
L'altro velocista che combatte per la maglia della classifica a punti meriterebbe un voto più alto per le due tappe conquistate, ma sul giudizio finale pesa la scriteriata gestione dell'ultima tappa per velocisti citata prima e vinta da Cima. La maglia ciclamino è sua, inizialmente con la squadra decide di non tirare per rincorrere la fuga perchè in questo modo Ackermann non avrebbe la possibilità di sprintare per togliergliela e lui la conserverebbe definitivamente, poi però negli ultimi chilometri cambia idea, fa ricucire i compagni sui fuggitivi salvo però non riuscire a fare la volata a differenza di Ackermann che giunge secondo dietro Cima. Risultato, con quei punti il tedesco scavalca il francese e addio maglia ciclamino. La condotta di corsa più scriteriata dell'intero Giro.

ELIA VIVIANI voto 4.5
La prima voltata in Toscana lo vede vincere braccia al cielo, con la maglia tricolore di campione italiano. Ma un cambio di direzione pericoloso con il quale taglia la strada al giovane italiano Moschetti durante lo sprint porta al giusto ed inevitabile declassamento. Lì finisce di fatto il Giro di Viviani, almeno a livello mentale, visto che nelle successive volate non riesce ad essere sereno, sbaglia scelte e traiettorie, ignora l'aiuto dei compagni che cercano di trainarlo nelle ultime centinaia di metri e colleziona una serie di deludenti piazzamenti dovuti principalmente alla mancata concentrazione ed al nervosismo.

ORGANIZZAZIONE GIRO voto 7
Come sempre complicatissimo portare a termine con successo un Giro di tre settimane, tanto più avversato da condizioni meteo eccezionali per la stagione e al limite del proibitivo (vedi cancellazione del passo Gavia e non solo). Il Giro nel complesso ne esce bene, con passaggi iconici e simbolici che come sempre travalicano lo sport sfociando nel costume del nostro Paese. L'appunto va però al disegno del tracciato, privo di vere salite di fatto per dieci giorni; troppi, nel ciclismo moderno, lo spettacolo finisce per risentirne un po'. Ed anche quando le salite arrivano, quelle davvero dure si contano sulle dita di una mano, e solo due di queste rappresentano l'arrivo, con il risultato che diventa molto più difficile fare differenze in termini di distacchi.

Come detto la chiusura è per la squadra di Radio Rai; Dotto e Martinello hanno dato spettacolo con le loro pagelle quotidiane via Facebook, per una volta diamo noi i voti, ma soprattutto per una ideale standing ovation. Il Giro radiofonico di quest'anno è stato a nostra memoria il migliore, con livelli di eccellenza raggiunti e superati. La coppia Dotto-Martinello (voto 10+) si è rivelata da subito integrata oltre ogni più rosea aspettativa, il racconto impareggiabile di Emanuele unito alle competenze portate alla radiocronaca da un Martinello calato subito nella nuova parte sono stati un autentico godimento per gli ascoltatori. Un peccato che la coppia sia stata uno splendido ma purtroppo breve unicum, ed in questo senso la standing ovation di cui sopra va soprattutto ad Emanuele Dotto che con questo Giro ha chiuso la sua carriera in Rai. Già ci manca terribilmente e si può, davvero, considerare chiusa un'epoca con il suo addio, senza retorica ma nei fatti.
Sempre più indispensabile l'apporto di un Manuel Codignoni (voto 9) più che stakanovista, che ha garantito un apporto di cronaca a livelli altissimi dalla moto confermandosi cronista di razza purissima, con la chicca di essersi riuscito a dividere nel periodo del Giro anche con la Formula 1, andando a raccontare i GP di Barcellona e Montecarlo. Mostruoso.
Sicurezza granitica è oramai anche quella garantita da Antonello Brughini (voto 8), migliorato sensibilmente di anno in anno nel racconto dal gruppo maglia rosa con capacità descrittive notevoli e spesso anche chicche e curiosità da bordo strada.
Una citazione non può che meritarla poi anche Giovanni Scaramuzzino (voto 7.5) che con la sua enorme esperienza ciclistica ha impreziosito le dirette di "Sulle strade del Giro" con la conduzione da studio, un graditissimo "lusso" che Radio 1 si è concessa anche quest'anno garantendo un coordinamento della diretta e degli ospiti al telefono competente e appassionato.

A loro ancora una volta un grande grazie per le emozioni, ed un applauso convinto ma già pieno di nostalgia.




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