#tuttoilcalcioblog
di Stefano Stradotto
Seconda settimana per la 101a edizione del Giro d'Italia e, quando è stata appena superata la metà della corsa, è il momento anche qui su Tuttoilcalcioblog per uno spazio commento. Un appuntamento che per quanto ci riguarda torna per il terzo anno consecutivo e che periodicamente si riaffaccerà da qui a fine Giro, per commentare quello che resta probabilmente l'evento sportivo che più di ogni altro ha legato la sua storia a quella della radio.
Un Giro che fin qui ha visto un andamento non facilmente pronosticabile alla vigilia, specialmente per quanto concerne la lotta di testa.
All'insolito via di Gerusalemme (consueto prezzo da pagare a cadenza biennale alle partenze estere, quest'anno quantomeno da una sede unica per fascino e suggestioni) si presentavano due grandi favoriti, quali Chris Froome e Fabio Aru, affiancati dalla maglia rosa uscente Tom Dumoulin. Ebbene Froome e Aru in appena metà Giro risultano già iscritti all'elenco delle grandi delusioni.
Il britannico già vincitore di quattro Tour de France è apparso lontano parente del corridore esplosivo in grado di mettere in fila gli avversari con facilità sia a cronometro sia in salita. Per la prima volta quest'anno ha modificato il proprio calendario di gare, che in passato prevedeva di fatto solo il Tour e le corse immediatamente precedenti, dimostrando come l'iper-professionismo del Team Sky venga messo in crisi nel momento in cui si esce dai soliti e collaudati binari. Oltre a questo va ricordato come Froome, apparso sempre impermeabile a livello psicologico, stia invece senza dubbio pagando anche a livello mentale il fatto di correre in qualche modo "sub iudice" per la nota e intricatissima vicenda salbutamolo, sostanza rintracciata nei controlli della scorsa Vuelta e di base non proibita a patto che venga assunta entro certi limiti. Se a tutto ciò aggiungiamo un paio di cadute, in particolare quella nella ricognizione della crono di Gerusalemme, ecco che il primo Giro corso dal britannico con ambizioni di classifica ha ben presto assunto le sembianze di una lunga salita con pendenze ben più arcigne del previsto. Mai un guizzo, sempre staccato non appena gli avversari diretti hanno aumentato il ritmo in salita.
Discorso similare quello relativo a Fabio Aru; diverse le motivazioni, identiche le prestazioni, dunque assai deludenti. A differenza di quanto fatto riguardo Froome è però più complesso ipotizzare delle cause ben precise circa il Giro deludente fin qui corso dal sardo. La corsa rosa rappresenta infatti il suo obiettivo principale della stagione assieme al Mondiale di Innsbruck, ed il primo picco di condizione era dunque senza ombra di dubbio programmato per queste settimane. Sicuramente Aru puntava ad un crescendo nella seconda parte di Giro, memore di quanto avvenuto lo scorso anno al Tour allorché invece andò forte nella prima parte, vestendo la maglia gialla a facendo intendere di essere un serio candidato al successo finale, per poi crollare nell'ultima settimana. Ma è anche vero che, dato per scontato questo piano, in questa prima metà di Giro il campione italiano in carica avrebbe dovuto limitare i danni ben più di quanto non sia in effetti avvenuto; per intenderci, la condizione potrà anche crescere nei prossimi giorni arrivando al top sulle grandi montagne, ma se le stesse vengono affrontate con 3'10" di ritardo in classifica è del tutto evidente che la situazione rischia di essere già compromessa. Per Aru la pressione è tanta, a 28 anni è chiamato a dare finalmente seguito in maniera netta a quanto di buono fatto nei primi anni di carriera e a quanto il suo talento farebbe supporre, una chiamata che rischia di essere, chissà, senza appello..
Sia Froome sia Aru sono chiamati a questo punto a dare risposte definitive già da questo fine settimana, con i tapponi dello Zoncolan e di Sappada; due tappe da ora o mai più per Aru, tre invece per Froome che se dovesse ritrovare una gamba vicina ai suoi standard potrà contare anche sulla cronometro trentina di martedì alla ripresa dopo l'ultimo giorno di riposo.
L'unico dei big attesi alla vigilia che non ha fin qui tradito le attese è stato il vincitore uscente Dumoulin, vittorioso ed in rosa nella crono di apertura, probabilmente meno brillante dello scorso anno sulle prime salite di questo Giro ma comunque in grado di rimanere al secondo posto in classifica con una condotta di corsa molto giudiziosa, consapevole che dalla sua potrebbe giocare un ruolo decisivo la cronometro di martedì prossimo, lui che è tra l'altro il campione del mondo di specialità.
In questo quadro si è inserito a sorpresa il 25enne Simon Yates, altro britannico, fin qui rimasto abbastanza all'ombra del fratello gemello Adam, stessa squadra, stesse caratteristiche tecniche ma qualche risultato in più fino ad oggi. Condizione smagliante a differenza dei suoi avversari, esplosività che gli ha permesso di domare tutti gli arrivi in salita affrontati finora, dall'Etna (assieme al compagno Chaves, altro capitano della squadra ma poi naufragato causa problemi fisici) a Montvergine, dal Gran Sasso a Osimo, Yates si è vestito di rosa correndo da padrone. A cronometro dovrebbe perdere da Dumoulin, in salita può guadagnare ancora sull'olandese al momento suo rivale diretto. Ma di certo non si può dare ancora nulla per scontato, in quanto il britannico si trova per la prima volta a competere per il successo in una corsa a tappe di tre settimane e dunque i suoi limiti sono quasi del tutto ignoti, a lui per primo. E' vero che gli arrivi in salita sono già stati ben tre solo nella prima settimana (caso più unico che raro nella prima settimana del Giro, a conferma di quanto sia sempre più accattivante e avvincente il percorso della corsa rosa), tuttavia le salite in questione non hanno mai costretto i corridori a pendenze impossibili e dunque un uomo esplosivo e al massimo della forma come Yates ha potuto sfruttare al meglio la situazione. Le vere salite iniziano da domani, si spera che chi è molto indietro abbia forze e voglia per cercare la risalita, tutto è ancora possibile viste le tappe di domani e dopodomani ed il trittico piemontese dell'ultima settimana.
Da tenere d'occhio, al momento a poco più di un minuto dalla rosa, il francese Pinot ed il nostro ottimo Domenico Pozzovivo, sempre sul pezzo, mai in difficoltà, anche se fin qui mai in grado di fare la differenza per guadagnare qualcosa sui rivali.
Uno sguardo infine all'andamento dei corridori italiani in questa prima parte di Giro d'Italia; detto dei due uomini di classifica Aru e Pozzovivo, da rimarcare le prestazioni in salita di Davide Formolo che solo una caduta con relativi minuti persi ai piedi dell'Etna tiene fuori dai giochi per la classifica generale. All'attivo possiamo vantare quattro vittorie di tappa, un buon bottino considerando che lo scorso anno solo un acuto di Nibali ci salvò dal "cucchiaio di legno". Tre gli assoli di un eccellente Elia Viviani in volata, l'olimpionico di Rio, scandalosamente non inserito in squadra dal suo ex team, la Sky, lo scorso anno a pochi mesi dall'oro, si sta riprendendo con gli interessi quanto gli era stato tolto, maglia ciclamino compresa. L'altra vittoria è di Battaglin, anch'egli vicino al successo in altre due circostanze. La crescita, seppur ancora timida, sembra comunque esserci anche a livello di piazzamenti e corridori giovani promettenti che cominciano a farsi largo. Speriamo che questo Giro numero 101 apra, non solo a livello numerico, una nuova e positiva pagina per il nostro movimento a pedali.
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venerdì 18 maggio 2018
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